È un
po’ di tempo che l’Agenzia delle Entrate allieta gli italiani con una serie di
spot pubblicitari per convincerli che “le tasse sono una cosa bellissima”, tanto
per usare un’immaginifica espressione, che ancora fa ridere gli italiani …
almeno quelli cui resta un po’ di voglia di ridere. Uno dei più divertenti (si
fa per dire) mostra una serie di disegni animati, fra cui bambini che vanno a
scuola, mentre una voce in sottofondo recita: “SE TANTI NON PAGANO LE TASSE, NON
CI SONO SERVIZI. SE PIÙ PERSONE PAGANO LE TASSE, I SERVIZI AUMENTANO. MA SOLO
QUANDO TUTTI LE PAGANO, QUESTI SERVIZI DIVENTANO DAVVERO EFFICIENTI. SE TUTTI
PAGANO LE TASSE, LE TASSE RIPAGANO TUTTI. CON I
SERVIZI.”.
Sorvolo sulla forma patetica del messaggio, che sfrutta
l’immagine di bambini per impietosire lo spettatore ed indurlo a versare i
propri quattrini nelle tasche del fisco -o, meglio, di coloro che sono
beneficiati dal fisco- anche se ci sarebbe da invocare l’evangelica macina di
mulino al collo di chi ha confezionato lo spot, quale punizione per chi
oltraggia l’infanzia. Ricordo solamente che è brutta abitudine di certe
categorie, dedite all’accattonaggio abituale, mandare in giro i bambini a
chiedere l’elemosina, i cui proventi verranno poi investiti in auto e birra per
gli adulti. E sorvolo anche sulla “strana“ necessità di fare pubblicità a
un’attività statale, imposta per legge. Sorvolo, infine, sull’uso del
sostantivo “tasse”, laddove si sarebbe dovuto impiegare il più corretto
“imposte”, ma posso capire che anche l’AdE si sia piegata ad un modo di parlare
più vicino alla “gggente” E, d’altronde, anche la Corte Costituzionale
ha mostrato di avere qualche difficoltà a distinguere le une dalle altre.
Penso, invece, che sia opportuno verificare la veridicità del messaggio che
passa nello spot e cioè
+ imposte (o tasse che dir si voglia) =+ servizi
Per farlo, ricorrerò ad una personale esperienza di vita.
Capisco che è poco elegante citare casi propri, ma io non sono un giornalista,
bensì un collaboratore occasionale che apporta non un contributo di conoscenza
dei fatti, la cui formazione avviene anche mediante l’esperienza.
Alla fine degli anni 60, chi scrive ha praticato la scherma,
sport notoriamente costosissimo, nonostante provenisse da una famiglia, se non
povera, sicuramente non abbiente. Come ha potuto? Semplice: a quell’epoca
esistevano i “centri sportivi” del CONI, che curavano l’avviamento allo sport
dei giovani. L’iscrizione costava pochissimo ed anche un umile commesso di
negozio (mestiere all’epoca esercitato dal padre di chi scrive) poteva
permettersi di far praticare lo sport preferito al proprio figlio (e cioè a chi
scrive). Il centro CONI poi passava tutta l’attrezzatura e, quindi, nel mio
caso: divisa e spade.
Sono passati più di 40 anni e, adesso, è la figlia
dell’estensore di queste note a praticare la scherma. Gratis come il padre? In
un centro CONI? Manco per niente. I benemeriti centri CONI non esistono più da
tempo e la ragazza si addestra a questo nobile sport presso una squadra
privata, in cambio di una retta annuale di circa 900 euro. A questa somma vanno
aggiunte le spese per la divisa (circa 300 euro) e le spade (150 euro ognuna ed
occorre averne due) e altra attrezzatura (100/200 euro circa). Poi occorre
mettere in conto le spese per trasferte, in caso di gare in altra città, spese
che gli organizzatori hanno cura di rendere il più esose possibile, sotto
l’occhio benevolo e sonnolento sempre del CONI, ma questo è (forse) un altro
problema.
Dunque: in questi 40 e passa anni i servizi sportivi a vantaggio
della collettività sono spariti. Non diminuiti, ma proprio scomparsi del tutto:
niente, nulla, nihil,
zero assoluto. In base alla logica dello spot, dovremmo dedurre che le tasse
incassate dallo stato italiano siano crollate. Giusto? In effetti, la realtà è
un po’ differente.
Ho tentato di farmi un’idea di quanto sia variato il carico
fiscale in questi 40 e passa anni. Siccome ho un’estrazione giuridica e,
pertanto, sono poco aduso a muovermi con agilità fra calcoli statistici e
percentuali, ho impetrato l’aiuto del Ministero per l’economia e le finanze,
chiedendo -il 23 aprile u.s.- di “conoscere con la massima urgenza l’importo
delle entrate fiscali complessive godute da stato ed enti locali negli anni
1968, 1969, 1970 e 2011 (o 2010 se non ancora disponibili i dati 2011)”.
Comprenderete che, a questo punto, inizio a serpeggiarmi nell’animo un senso di
sfiducia sulla volontà del Ministero di rispondere alle mie domande. Capisco
che il MEF ha le sue gatte da pelare; capisco che è impegnato nella sua opera
estetizzante di confezionare nuove tasse per garantire la nostra felicità e la
soddisfazione di qualche alto burocrate, garantendogli un’auto blu sotto il
sedere; ma un po’ di attenzione verso chi paga sarebbe opportuna, anche per non
provocare inc____ al contribuente ed evitare bruschi colpi di testa. Non so se
ci siamo capiti!!!!!!!!
Orfano di informazioni ministeriali, ho fatto una breve e
casareccia ricerca per comprendere quanto lo stato incassi in più o in meno ora
rispetto alla fine degli anni 60/inizio anni 70. Un vecchissimo articolo mi ha
permesso di calcolare che l’ammontare delle imposte -dirette ed indirette- è
aumentato di poco più del 160% fra il 1975 ed il 1979. In un sito, ho,
invece, trovato che nel decennio 1975-1985 l’aumento delle sole imposte dirette
è stato -udite, udite!!!- di ben il 705%; in termini reali; il che vuole dire
che si sono moltiplicate per otto. E, per finire, uno studio di un esponente
della stessa AdE mi ha informato che le entrate fiscali rappresentavano il
25,4% del PIL nel 1975 ed il 43,3 nel 2007: un aumento record già in termini di
sola percentuale, cui bisogna aggiungere che il PIL italiano è enormemente
aumentato tra il 1975 ed il 2007.
A questo punto mi sentirei in grado di elaborare una
stima nasometrica, sempre pronto a fare marcia indietro di fronte a calcoli di
esperti: tuttavia, ritengo di poter affermare che le imposte dirette e
indirette percepite oggi dallo stato siano di dieci volte quelle incassate alla
fine degli anni 60. E parlo in termini reali, cioè tenendo conto
dell’inflazione. E credo di essermi “tenuto stretto”.
E allora? Cosa è successo? Che fine ha fatto questo enorme fiume
di denaro? Sembra che abbia subito la stessa sorte di certi corsi d’acqua che
scorrono in zone desertiche, senza mai giungere al mare, perché il sole feroce
li fa evaporare estinguendoli fra le dune. Ma come ha potuto prosciugarsi una
così consistente massa liquida?!? Dove è quel sole che dardeggia così potente?
Gli è che dalla fine degli anni 60 sono successe molte cose. In
primo luogo, nel 1970 sono state istituite le regioni a statuto ordinario, che
si sono portate dietro la conseguente corte di consiglieri e presidenti e
assessori e portaborse e burocrati e consulenti e reggicoda e clienti e
sottopanza e mignotte -con relativi stipendi e privilegi vari- nonché,
naturalmente, di personale, spesso ben pagato e sempre accompagnato dalle
proprie mignotte. Naturalmente, l’istituzione delle regioni non ha provocato
-come ci si sarebbe aspettato e come persone serie hanno proposto continuamente
negli ultimi decenni- l’eliminazione delle province. Accanto ai neoeletti nelle
regioni sono, quindi, rimasti i vecchi politici eletti in precedenza nelle
province e accanto ai nuovi burocrati regionali sono rimasti quelli vecchi
provinciali in un refrain a noi italiani assai noto …. “Col novo
signore rimane l’antico; / L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.”
Ma andiamo avanti. Nel 1978 venne istituito un Servizio
Sanitario Nazionale, che erogasse prestazioni sanitarie in favore di tutti gli
italiani, nessuno escluso. A dire il vero, gli italiani -o almeno la maggior
parte- una sanità già la avevano. Si trattava delle famose “casse mutue”, che
sicuramente erano dei carrozzoni, ma sempre più efficienti dell’attuale SSN. Ma
le casse mutue garantivano cure solamente a chi lavorava ed ai loro familiari.
Ne restavano, pertanto, esclusi i disoccupati, che però a quell’época non erano
numerosi come ora. Ma non è
questo il punto: il problema è che il legislatore che istituì il SSN venne
colto da una strana forma maniacale, che lo indusse a perseguire anche pomposi quanto
nebulosi disegni di palingenesi universale, basati sull’assioma che le malattie
erano causate dallo sfruttamento capitalista. Se ne concluse che per garantire la salute andava
incrementato un “dibattito politico alternativo”. Mi sembra anche che qualcuno
asserì che si dovesse fare ricorso alla “riappropriazione ludica e
socializzante del proprio corpo”; forse ricordo male, ma in quegli anni la
“riappropriazione ludica e socializzante del proprio corpo” -che confesso di
non avere mai capito cosa fosse- era considerata una sorta di panacea
universale, invocata per risolvere qualsiasi problema, dalla disoccupazione
fino alla siccità, passando per le malattie. In ogni caso, si stabilì che il
“problema era politico” e, quindi, la sanità doveva essere affidata ad una
classe politica alternativa. Ecco, quindi, sorgere dal nulla centinaia di USL,
ognuna con il suo bravo consiglio di amministrazione, composto in massima parte
da bifolchi rinciviliti.
Trovò così adeguata e dignitosa collocazione un numero imprecisato
di funzionari e galoppini di partito, ignoranti come buoi muschiati, che però
avevano dato il proprio fattivo contributo al progresso del paese,
ciclostilando complicate scemenze nelle sedi della propria formazione politica.
Ovviamente, si trattava in massima parte di gente che, troppo impegnata
politicamente a rinnovare il mondo, non solamente non aveva studiato, ma
neanche aveva avuto il tempo di imparare un mestiere e non sapeva fare un buco
nell’acqua nemmeno col trapano. Altrettanto ovviamente, gente che aveva
progettato un universo nuovo non poteva essere lasciata morire di fame:
occorreva dargli un lavoro o, più esattamente, un posto e cioè uno stipendio.
Ancor più ovviamente, chi aveva contribuito a creare il paradiso in terra non
poteva essere messo a spalare letame, ma doveva essergli garantita una
posizione prestigiosa e ben remunerata. Quale migliore occasione della riforma
sanitaria per istituire nuovi inutili enti e nuove inutilissime poltrone?!? Fu
così che questi tangheri entrarono gloriosamente nella sanità. E insieme a loro
entrarono burocrati e consulenti e portaborse e clienti ed esperti nella
scienza del fumo e nell’arte dello scrocco e picciotti e reggicoda e mignotte
varie, tutti profumatamente pagati dall’erario in cambio di una azione politica
alternativa. Gli unici a patire la fame furono i medici, che, evidentemente,
non avevano molto da fare in un’organizzazione che contrastava le malattie con
la forza immaginifica dell’ideologia e, d’altronde, gli stessi teorici della
riforma sanitaria avevano proclamato che quella medica era una “professione
totalizzante” e come tale andava messa in condizione di non nuocere.
E poi venne nel 1974 la legge che istituì il finanziamento
pubblico dei partiti, il quale fu stroncato da un referendum, ma inutilmente,
perché poi ricicciò come rimborso elettorale, il quale rimborso però pare abbia
coperto il decuplo delle spese effettivamente sostenute e poi vennero lingotti
e diamanti e spese pazze per il figlio del gran capo e per consulenti e clienti
e nani e ballerine e figuranti e saltimbanchi e la corte di mignotte che fa
corona ai partiti.
E poi la riforma della RAI con assunzione di altri bifolchi e
intellettuali analfabeti e giornalisti panzoni e/o decerebrati e mignotte e
ancora mignotte.
E poi ci fu la moltiplicazione dei posti nella scuola e
l’assunzione di sociologi che studiavano gli africani all’estero senza
dimenticare l’immaginazione letteraria e l’istituzione di corsi di laurea
inutili o addirittura perniciosi e sempre demenziali e l’ingresso trionfale
nella pubblica amministrazione di altri inutili burocrati e consulenti ed
esperti nella scienza del nulla e nell’arte di mungere con il solito seguito di
mignotte varie.
E poi appartamenti degli enti affittati alla casta e alla corte
della casta e a magistrati compiacenti con la casta e a consulenti e
parlamentari e professori amici e sottopanza e rampolli dei capi e picciotti e
a mignotte varie.
E poi l’istituzione di altri istituti e enti e uffici e
amministrazioni … tutte “palestre di democrazia” in cui la casta ha potuto
esercitare i muscoli della politica insieme ai propri burocrati e protetti e
clienti e consulenti e sottopanza e lacché e mignotte varie.
E poi e poi e poi … alla fine di questo magna magna arriva un
ministro -che dice di essere tecnico, ma prestato alla politica- il quale si
accorge, visto che è uno scienziato ed un esperto in medicina (difatti insegna
diritto), che i giovani italiani sono obesi. E meno male che è arrivato uno
scienziato, perché da soli non ce ne saremmo accorti. E cosa propone lo
scienziato-ministro per arginare questo devastante fenomeno? Nientepopodimeno
che tassare bevande zuccherate e/o gassate ed alcolici, ritenuti evidentemente
unici ed assoluti responsabili di questo sfacelo. Ovviamente, il fatto che i
giovani italiani non pratichino più sport -perché lo sport è diventato roba da
ricchi- sembra non aver avuto alcun peso su tutta la vicenda, almeno nella
acuta visione del ministro. Un bell’esempio dell’arte di gestire la cosa
pubblica: lo stato impone tasse sulle disgrazie che si sarebbero potute
evitare, se lo stato avesse impiegato bene le tasse già riscosse. Non c’è che
dire: questa è arte; questo è genio. Una simile intuizione rivaleggia con
quella che portò Einstein ad affermare che il tempo è una dimensione terrena e
stiracchiabile.
Concludendo … mi sento sicuro nell’affermare che è inutile
eliminare l’evasione fiscale, pensando di far marciare meglio la macchina
statale, perché SE TUTTI
PAGASSERO LE TASSE CI SAREBBERO PIÙ FORCHETTONI A MAGNARE OPPURE I SOLITI
FORCHETTONI MAGNEREBBERO DI PIÙ.
Quanto
al ministro furbacchione, la risposta gliela daranno in coro milioni di italiani
dopo avere abbondantemente sorseggiato bevande moooooooolto gassate. Io non
posso anticipare alcunché perché certi suoni non rendono se riprodotti per
iscritto.
sembra un'analisi nella quale l'ironia sfocia in sarcasmo, un'analisi accusabile di qualunquismo e di scarso senso dello stato, invece la mia esperienza personale mi fa valutare quest'articolo eccessivamente "soft".... ho lavorato nella sanità conoscendo di persona ignoranti e mignotte, subendo anni di discorsi sulla "riappropriazione del corpo" ... ladri, malfattori, ignoranti e le solite immancabili mignotte è la popolazione che andiamo a finanziare con le tasse, non includo tutti quelli che lavorano per l'amministrazione statale, sono vittime anche loro, comandati da ignoranti e mignotte, e mi perdonino le mignotte vere ceh sono persone molto più serie
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