LA BALLATA DELLE PUTTANE IN CARRIERA

(qui si narra di alcune puttane di conoscenza del Tenerone e di come abbiano fatto carriera ... alla faccia di quello che possono credere le onorevoli Mosca e Golfo e le loro quote rosa)



Accorrete gentili persone,
accorrete che il buon Tenerone
strimpellando un vecchia chitarra
di puttane una storia vi narra.
Non crediate che il sol Berlusconi
si sollazzi la fava e i coglioni,
con patonze in cui è facile entrare
se si è pronti e disposti a pagare.
Ché il mondo dell’economia
è affollato da uguale genìa
di donnine che per fare carriera
si fan fottere anche ogni sera.
Ma un problema -ohimé- si presenta
perché quella che così diventa
dirigente non ha molta scienza
di quel ch’è di sua competenza.
Ché la donna con simili agganci
non ha chiaro se dentro i bilanci
sia lo yak o lo ias che si usi;
poveretta ha pensieri confusi!
Ed un’altra, al report applicata,
non riesce a far la frittata,
restituendo -son cose assai amare-
tutte l’ova all’ancien titolare.
Se poi questi protesta o strombazza,
già è pronto con sporta e ramazza
a cacciarlo dal proprio lavor
tortellino, ch’è avanti a ogni fior.
Tortellin, tuttavia, non conosce
che del fatto che apre le cosce
la protetta si rende ben conto
chi non è -come pensa egli- tonto.
                    * * *
Rimanete gentili persone,
rimanete che il buon Tenerone,
garantisce a voi che restate
una cesta e un catin di risate.
E proseguo narrando le gesta
di una donna che con lancia in resta
si lanciò nell’agone legale
senza scienza e si fece assai male.
Ché C’è reda che con sua sentenza
la qualifica di consulenza
nelle leggi grande magistra,
ma finì in maniera sinistra.
Cosa fa questa presunta dotta
delle alcove all’astuzie assai rotta?
Perentoria chiama il Tenerone
per fornirgli adeguata istruzione.
Vola subito al tribunale
-dice ella- e con agile ale
vai diritto in cancelleria
e lì chiedi, per volontà mia,
un idoneo certificato
in cui venga tosto affermato
la vigenza della società,
che lavoro e stipendio ci dà.
Trattendo le risa il presente
Tenerone non se la sente
di contestar una sì atroce
puttanata e parte veloce.
Ché la nostra gentile signora
disgraziata e tapina ella ignora
che da anni e non da un sol mese
c’è un registro applicato alle imprese.
E il registro -come noto- è adibito
alle certificazioni di rito
che attestino le cose più varie
della vita di entità societarie.
E da anni, pertanto, lo Stato
finalmente l’incombenza ha levato
a chi in cancelleria ognor sta
di certificare su società.
Tenerone al solerte impiegato
del tribunal “mi ci hanno mandato”
riferisce e poi entrambi con grande calore
si scompiscian di risa per ore.
Da quel giorno il buon Tenerone,
ricorrendo al suo tormentone,
di impiegati sollazza annoiati
le giornate e i momenti più ingrati.
Vi racconto per quale via
io pervenni in cancelleria
dove chiesi con modi un po’ bruschi
una carta che già in tempi etruschi
non si usava esibire più
come sanno anche gli indù,
anche se con error colossale
lo ignorava il nostro esperto legale.
Io, uscendo dal nostro portone,
imboccai un lungo stradone
e al ministero girai puntuale
che governa l’Afrìca orientale.
Poi raggiunsi la nota assemblea,
che -lo dico senza logorrea-
Camera delle Corporazioni
e dei fasci, vien detta amiconi.
Proseguendo oltrepassai il dicastero
che amministra -non è mistero-
la real casa e di fronte all’EIAR
era dove dovevo arrivar.
 

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